giovedì 30 giugno 2016

MARIO MARIA MARIOTTI

A-artista a-figurativo

 

M.M.Mariotti, Autoritratto a luci spente  (1954)

(Remenate Ontona, 12 settembre 1916; Figliate Appiano, 19 febbraio 1999). Un’infanzia e una gioventù come tante, quelle di Mario M. Mariotti, cresciuto in una famiglia operaia e diplomatosi, tra mille sacrifici, perito meccanico. A cambiarlo furono la guerra e la prigionia; in particolare i lunghi anni passati sotto il grande cielo del Montana, dove era stato inviato dopo esser stato catturato 

a Tunisi, assieme a quel che restava delle forze dell’Asse in Nordafrica. Un’esperienza che gli rese insopportabili le ore passate nei chiusi capannoni dell’azienda remenatese dove, rientrato in patria, era tornato a lavorare. Fu questo, che gli fece scoprire l’arte. La pittura, gli salvò la vita. “Altrimenti potevo solo andare a far rapine”. Un inizio stentato, fatto di maldestre imitazioni degli impressionisti, poi, subito un’accelerazione. Nell’Italia ribollente del primo boom economico, Mario Maria Mariotti e la sua arte corrono. Raggiungono le avanguardie. Le superano.
Legge di Malevic’ e ne è folgorato. Nascono così le grandi tele del Suprematismo figurativo che pongono il nome di Mariotti al centro, quasi, del panorama artistico europeo. Sono solo dei quadrati colorati, le sue opere, dicono alcuni scettici. Sono identiche, non fosse per le dimensioni, a quelle del maestro russo, scrivono altri. E’ Ruggero Antonio Stracchi, il grande critico e storico dell’arte commiseratese, ad affermarne per primo l’assoluto valore. Se è kantianamente da valutare l’intenzione, prima del gesto, come non capire quanto distanza corre tra il Quadrato rosso di Malevic’ e uno dei Papaveri di Mariotti, sempre quadrati, sempre rossi, ma carichi di suggestioni post-impressioniste e addirittura barocche. “Nei quadri di Mariotti”, scrisse anzi il grande critico nella monografia dedicata al Maestro, “è tutta la storia della pittura europea che riannoda i propri fili”.
Riannodare. Ricostruire. Verbi cardine per comprendere il successivo sviluppo dell’arte di Mariotti. Quando lo stesso Stracchi gli mostra i tagli che Lucio Fontana praticava in quegli anni, all’artista ontonese viene spontaneo ripeterli nelle proprie opere, salvo poi suturarli perfettamente, restituendo alla superficie pittorica la sua sacralità. Non c’è modo, di distinguere il quadrato verde di una sua Val Spersa del ’54 da quello, dello stesso colore, di una Restituzione Spaziale del ’55? E’ ancora Stracchi a illuminarci. Cambia l’intenzione, certo. Soprattutto, e il critico lo sottolinea, cambia la strada percorsa per raggiungere la meta. Ed è la strada, il cammino, a contare, per chi ha fatto propri i principi dello Zen. Gli stessi principi che spingono Mariotti a ricercare la semplicità e a rinunciare al colore. Per un intero decennio le sue Restituzioni saranno solo bianche o nere. (Dovrebbe essere chiaro a tutti, a questo punto, perché queste opere non debbano essere assolutamente confuse con Le notti e Le nevicate del periodo precedente). Una pittura a-cromatica che lo lascia, però, sempre più insoddisfatto. In cui il gesto corrompe la purezza dell’intenzione. In cui la materialità dell’oggetto artistico nega l’anelito all’eterno che vorrebbe testimoniare. E Mario Maria Mariotti fa un ultimo passo. Importante, per la storia dell’arte, quanto quello che Neil Armstrong aveva appena compiuto sulla luna. Dal 1969 in poi, il Maestro, ormai celebrità quasi planetaria, praticherà solo la a-pittura. Nascono a-opere straordinarie che M. M. Mariotti, ormai raggiunta la tranquillità economica, dona a chiunque prometta di prendersene cura. Alla sua morte, avvenuta nel giardino della sua villa di Figliate Appiano, mentre stava a-dipingendo un a-vista dell’amatissima ansa dell’Ontona, saranno pochissimi i commiseratesi che sosterranno di non averne in casa almeno una.

Pare che l’Onorevole Wolfgang Tagliabue, a dimostrazione di quanto siano false le voci che vorrebbero il suo partito lontano dal mondo della cultura, abbia ottenuto un importante finanziamento per la realizzazione di un a-museo dove esporre le a-opere del grande a-artista. Si tratterebbe di 6.450.000 Euro. Sì, Euro senza nessuna a.

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