Poeta barocco o eroe del Risorgimento e quasi certamente non entrambe le cose (?, ?; ?, ?).
Nei tragici mesi che seguirono l’8
settembre 1943, mentre in tutto il resto della regione si sgranava un rosario
di deportazioni, torture e fucilazioni, Commiserate ebbe la fortuna, certo del
tutto relativa, di essere occupata dal Reserve-Gebirgs-Jäger-Regiment
189 (189° reggimento di riserva di fanteria da montagna),
un reparto
costituito da uomini prossimi alla mezza età, richiamati alle armi sul finire
della guerra, che avevano solo voglia di tornarsene quanto prima nella natia
Baviera. Nulla lasciava pensare, pertanto, che, quando il 26 Aprile del ’45, finalmente arrivò loro
l’ordine di ritirarsi, gli uomini del Maggiore Tattenbach, cattolicissimo
veterano della Grande Guerra , si lasciassero andare alle devastazioni. Mantenendo la promessa fatta dal loro
comandante a Bernardo Breitner, allora vescovo di Commiserate, di cui era buon
amico, non fecero saltare i ponti sull’Ontona, come pure era stato loro
esplicitamente ordinato dallo OberbefehlshaberSüdwest, (Comando
Supremo Sudoccidentale, da cui dipendevano
come tutte le forze germaniche ancora presenti in Italia), ma si
scatenarono con particolare ferocia contro alcuni edifici dell’amministrazione
cittadina e in particolare contro il Registro delle Imposte che, incendiato,
andò completamente distrutto.
In quel rogo scomparvero anche le deliberazioni della commissione
toponomastica, conservate in un piccolo
archivio, poco più di uno sgabuzzino, all’ultimo piano dello stesso stabile. Un
danno in fondo secondario, che però si fece sentire quando, alla fine degli
anni sessanta, l’ amministrazione comunale volle cambiare la targhe, che il
tempo aveva ormai reso quasi illeggibili, con i nomi delle vie del centro.
Nelle nuove, della personalità commemorata, si era deciso di far iscrivere
anche gli anni della sua nascita e della sua morte e cosa lo avesse reso
celebre. Nessun problema salvo per
Q.Aliqui. Di lui, a cui pure una via era stata intitolata da sempre,
nessuno ricordava nulla. Neppure il
nome, a parte la Q con il punto che figurava sulla vecchia targa. Si
provò a chiedere agli abitanti della via; nessuno ricordava d’averne mai saputo
niente. Si chiese ai più preparati tra gli insegnanti del prestigioso liceo
cittadino. Secondo il professor Boscolo, insegnante d’italiano prossimo alla
pensione, doveva trattarsi di Quintilio Aliqui, poeta barocco di cui gli pareva
d’aver letto qualcosa in gioventù;
secondo la sua collega e coetanea professoressa
Tagliapani, laureatasi a suo tempo con una tesi di storia del
Risorgimento, doveva invece trattarsi di Quirino Aliqui, un amico di Garibaldi,
o forse di Bixio, nel cui nome era quasi certa d’essere incappata durante i
suoi studi.
Non volendo dar torto all’uno o all’altro, l’amministrazione comunale,
allora guidata dal democristianissimo già
Onorevole Guzzoni, pensò a quel punto di intitolare la via a Don Murzio, eroe
dell’antifascismo e fondatore della locale sezione del Partito Popolare, ma, davanti alle vibranti proteste dei
commiseratesi, per i quali avere in città una via Aliqui
era un’ormai irrinunciabile certezza,
rinunciò al progetto.
Al posto della vecchia targa, ne mise una nuova, identica a tutte le altre
appena rifatte, salvo portare iscritto
il Q. Aliqui di sempre e null’altro. Ad onore di Commiserate resta avere
un caso raro, ma glorioso, di commemorato ignoto.
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