lunedì 30 maggio 2016

IN PRINCIPIO CI FU UNA E-MAIL

Alla c.a. del Prof. Daniel Di Schüler
e p.c.
alla c.a. del Prof. Daniele Scolari

Loro Sedi

Egregio Prof. Di Schüler,

come da accordi intercorsi tra Lei e mio cognato, Daniele Prof. Scolari, in Vostre e-mail del 18 e 19 c.m. (cfr. riff. In calce), Le invio con la presente…

Sono arrivato fin lì dove iniziano quei puntini, prima di ricordarmi che non stavo rivolgendomi a un cliente o a un fornitore. Non ho cancellato quelle righe, però. Credo che in un certo qual modo mi presentino; che dicano molto di quel che sono stato e di quel che è stato il mio lavoro fino a qualche mese fa. Poco da aggiungere, per quanto mi riguarda; se leggerà quel che ho scritto, di me saprà tutto quel che credo di sapere io. Solo vorrei spiegarle come è nato quel testo che, così come appare ora, potrebbe lasciarla perplesso. Una decina d’anni fa credo di aver attraversato la più classica delle crisi di mezza età. Come tanti, mi sono messo a scrivere. Una decisione meditata e sofferta. Per almeno una serata. Un romanzo? No, ci ho pensato su per una bella mezz’ora, ma non mi è venuta in mente nessuna trama. Un’autobiografia? Esatto, una specie. Il racconto di una mia giornata. La descrizione minuziosa, scientificamente precisa, di ogni mio gesto, di ogni mio pensiero, dal risveglio al momento in cui avrei spento la luce. Mi creda, avevo già deciso come sarebbe finito, il mio capolavoro. Con un «e furono le tenebre». Dopo almeno mille pagine. Che c’è? Sta male alla sola idea di leggerlo? Non si preoccupi, il furore creativo mi è durato appena una notte. A qualcosa, però, quella febbre credo sia servita. Me ne sono reso conto qualche mese fa, quando ho ritrovato quelle pagine nell’hard disk di questo catorcio di computer. Ho sorriso della mia ingenuità d’allora, ma pure ho considerato che avrei potuto, ora che non ho altri impegni, completare il lavoro che avevo solo iniziato. No, non proseguendo in quella follia, ma spiegando la vita e il mondo dentro cui era nata. Come farlo? Ha presente certe edizioni dei classici? Ha presente le note a piè di pagina che informano il lettore del significato di certi vocaboli usati? Be’, mi sono auto-annotato. Il risultato è quello che, se il file si aprirà senza problemi (mi faccia sapere, in caso contrario), spero trovi il tempo e la voglia di leggere.

E ora, se mi consente un ritorno al passato:
in attesa del Suo cortese riscontro, colgo l’occasione per porgere distinti saluti.

Rag. Alberto Cappagalli



Certo, voglio farvi ammirare l’uso del biblico “be reshit”, in principio,  nell’offrirvi  la lettera con cui il rag. Cappagalli  dà inizio a  “Un’Odissea minuta”.  Soprattutto, però, credo che questo brano esponga bene la struttura (che si vocifera tanto complicata,  ma in realtà davvero semplice) del romanzo; tanto bene  che  suppongo non mi resti da spiegare che le ragioni per cui l'ho adottata. Non certo tentando d'essere assolutamente originale, aspirazione tra le più stolte, considerando che si è scritto proprio di tutto negli ultimi 5000 anni. Piuttosto, mi è sembrato il modo più economico di raccontare , senza far morire di noia gli eventuali lettori, la vita di un uomo qualunque,  ad un tempo  carnefice e vittima come siamo tutti.  Un uomo veramente senza storia, un Fallmerayer che non ha mai occasione di conoscere un’aristocratica, eppure deposito di una moltitudine di storie minime. Tante come quelle di cui ognuno di noi conserva un ricordo; tante come le note  che compongono  “Un’Odissea minuta”.