Alla
c.a. del Prof. Daniel Di Schüler
e
p.c.
alla
c.a. del Prof. Daniele Scolari
Loro
Sedi
Egregio
Prof. Di Schüler,
come
da accordi intercorsi tra Lei e mio cognato, Daniele Prof. Scolari, in Vostre
e-mail del 18 e 19 c.m. (cfr. riff. In calce), Le invio con la presente…
Sono
arrivato fin lì dove iniziano quei puntini, prima di ricordarmi che non stavo rivolgendomi
a un cliente o a un fornitore. Non ho cancellato quelle righe, però. Credo che in
un certo qual modo mi presentino; che dicano molto di quel che sono stato e di
quel che è stato il mio lavoro fino a qualche mese fa. Poco da aggiungere, per
quanto mi riguarda; se leggerà quel che ho scritto, di me saprà tutto quel che credo
di sapere io. Solo vorrei spiegarle come è nato quel testo che, così come
appare ora, potrebbe lasciarla perplesso. Una decina d’anni fa credo di aver
attraversato la più classica delle crisi di mezza età. Come tanti, mi sono
messo a scrivere. Una decisione meditata e sofferta. Per almeno una serata. Un romanzo?
No, ci ho pensato su per una bella mezz’ora, ma non mi è venuta in mente
nessuna trama. Un’autobiografia? Esatto, una specie. Il racconto di una mia
giornata. La descrizione minuziosa, scientificamente precisa, di ogni mio gesto,
di ogni mio pensiero, dal risveglio al momento in cui avrei spento la luce. Mi
creda, avevo già deciso come sarebbe finito, il mio capolavoro. Con un «e
furono le tenebre». Dopo almeno mille pagine. Che c’è? Sta male alla sola idea di
leggerlo? Non si preoccupi, il furore creativo mi è durato appena una notte. A
qualcosa, però, quella febbre credo sia servita. Me ne sono reso conto qualche
mese fa, quando ho ritrovato quelle pagine nell’hard disk di questo catorcio di
computer. Ho sorriso della mia ingenuità d’allora, ma pure ho considerato che
avrei potuto, ora che non ho altri impegni, completare il lavoro che avevo solo
iniziato. No, non proseguendo in quella follia, ma spiegando la vita e il mondo
dentro cui era nata. Come farlo? Ha presente certe edizioni dei classici? Ha
presente le note a piè di pagina che informano il lettore del significato di
certi vocaboli usati? Be’, mi sono auto-annotato. Il risultato è quello che, se
il file si aprirà senza problemi (mi faccia sapere, in caso contrario), spero
trovi il tempo e la voglia di leggere.
E
ora, se mi consente un ritorno al passato:
in
attesa del Suo cortese riscontro, colgo l’occasione per porgere distinti
saluti.
Rag.
Alberto Cappagalli
Certo,
voglio farvi ammirare l’uso del biblico “be reshit”, in principio, nell’offrirvi la lettera con cui il rag. Cappagalli dà inizio a “Un’Odissea minuta”. Soprattutto, però, credo che questo brano esponga bene la
struttura (che si vocifera tanto complicata, ma in realtà davvero semplice) del romanzo; tanto bene che suppongo non mi resti da spiegare che le ragioni per cui l'ho adottata. Non certo tentando d'essere assolutamente originale, aspirazione tra le più stolte, considerando che si è scritto proprio di tutto negli ultimi 5000 anni. Piuttosto, mi è sembrato il modo più economico di raccontare , senza
far morire di noia gli eventuali lettori, la vita di un uomo qualunque, ad un tempo
carnefice e vittima come siamo tutti. Un uomo veramente senza storia, un Fallmerayer
che non ha mai occasione di conoscere un’aristocratica, eppure deposito di una
moltitudine di storie minime. Tante come quelle di cui ognuno di noi conserva un
ricordo; tante come le note che
compongono “Un’Odissea minuta”.